Menu:

news:

Novembre 2009:
Nuova versione del sito finalmente online, con foto aggiornate

Read more...

Links:

- le mie foto su Panoramio
- Blog di Attilio Bongiorni
- Comune di Pecorara
- Meteo nel comune
- Google Maps

Le immagini presenti in questo sito sono di proprietà del webmaster; l'utilizzo è consentito solo previa autorizzazione da richiedersi a webmaster@
sevizzano.net

 

In parole povere...

Ho raccolto da qualche anno le descrizioni di pensieri, paesaggi, sensazioni e consuetudini che caratterizzano il succedersi delle stagioni: il metronomo naturale che scandisce ancora inarrestabile i ritmi di vita della "mia" terra.

Mi piace immaginare queste descrizioni come il testo di un libro illustrato sul territorio dell'alta Val Tidone.

In questa sezione non ci sono fotografie, perchè il fascino di una descrizione è quello di lasciare alla fantasia del lettore la facoltà di rappresentarsi l'immagine o l'attimo che si vuol fermare, nel modo preferito.

Scarica il file PDF oppure prenditi un attimo di relax e leggi questa pagina. Buona lettura.

Indice dei capitoli:

Immagini - Il Paese - L'aia di casa mia - Giornate estive - Giornate estive - Odori e rumori - Giornate autunnali - Giornate invernali - Primavera! - Ritorna l'estate - Un pomeriggio a… - Pomeriggio assolato - Serata di mezza estate - L’inverno - Una corsa verso il cielo - Albeggia - Mezzogiorno - Il giorno decade - Notturni - Rientri - Il temporale - Epilogo

Immagini

Su questi colli, in questi paesi persi, il tempo sembra fermo a quasi un secolo fa, abitudini, ma soprattutto mentalità sono quelle di allora; oggi, vicini al terzo millennio, tutto ciò più che obsoleto, sembra roso dai tarli degli anni che passano silenziosi ed inesorabili, tra le foglie gialle d'autunno e i verdi accesi dell'estate. Come in un sogno, è bello che si conservi un'oasi di territorio non "contaminato" dal progresso. Non molto lontano dalla città, questo far-west è una zona invalicabile dalla civiltà ed in lento degrado, che a meno di improbabili miracoli porterà molti paesi verso il declino e la trasformazione in abitati fantasma, che al di là dell'ululato del vento, non udiranno altri rumori se non durante le feste, se qualcuno deciderà di trascorrere un po' di tempo tra l'isolamento di questi colli.

Il Paese

In paese abitano stabilmente circa otto famiglie. Alle spalle si trova il monte Lazzaro ed il poggio Castello, verso levante la collina forma un anfiteatro che termina in corrispondenza della frazione Saliceto. Dalla collina sul quale sembra adagiato Sevizzano spazia sulle frazioni di Marzonago, Geneprino, Pecorara Vecchia ed altri piccoli abitati. Nascoste dai colli ma vicine sono le frazioni di Longarini, Fosseri, Case Cignatta, dietro i monti Lazzaro, Variola e Serenda; Corneto, Busseto, Aie di Busseto, Caprile, Ca' Brevi dietro il poggio Castello. Con questo, una descrizione di quello che resta del Paese, di rumori, odori, sensazioni, è quasi poesia. Il Paese, che si appoggia come una sella da cavallo sulla costa che separa una vallata agricola da un'altra boschiva, dominata dal monte Lazzaro, appare minuscolo visto dalla stradina che lo raggiunge; entrando al suo interno, si scoprono stradine, piazzette, aie, vicoli, che portano negli angoli più reconditi.

La prima costruzione che si trova sulla strada è la cascina del Cassero, cinquecento metri più avanti comincia il paese vero e proprio. Un'erta a sinistra entra nell'abitato, una via carrareccia a destra porta ad alcune cascine. Proseguendo sulla strada, si costeggia il paese sulla sinistra, fino a quando si arriva all'ingresso della piazza, così detta da noi perché principale via d'accesso al Paese, che si allarga poi formando appunto un largo tra i cascinali. La strada principale invece prosegue fino a toccare Saliceto e congiungersi con una asfaltata alcuni chilometri più in là. All'interno, si trovano case ristrutturate, ruderi crollati o pericolanti, vicoli cementati, a scalini, strade bianche o brevissimi tratti asfaltati da poco, rive d'erba, orti... Tutto questo è Sevizzano, un paese che muore e nello stesso tempo vive, ferve d'estate. Qui, si assiste al passaggio di una moto, udita da lontano, sperando forse che sia qualcuno diretto proprio in paese, con lo stesso stupore con il quale la gente della pianura guardava passare i pochi treni che esistevano anni fa.

L'aia di casa mia

Davanti a casa mia, ristrutturata da qualche anno, si trova l'aia, sulla quale vengono svolti i più svariati lavori; riparazioni di mezzi agricoli, taglio della legna ecc... Nei pomeriggi questo spazio diventa luogo d1incontro di tutti, difatti merito forse dell'aria che spira sempre sulla terrazza dell'aia e del panorama sui campi che si può ammirare, il cortile è sempre un crocevia, con gente che viene e che và. Forse nessuna persona del paese non vi è mai venuta nemmeno per pochi secondi, per veder arrivare qualcuno dalla strada o per altri motivi, futili o meno.

Giornate estive

Dopo i veli mattutini di foschia, la frescura lascia spazio al sole battente, sempre contrastato da un'arietta piacevole. Le prime persone ad animare le vie del paese sono coloro che si recano nei campi o nelle stalle, con passo silenzioso come figuri dai contorni di fantasma. Oltre ai passi ratti o gravi di queste apparizioni, i vicoli non odono altri rumori e tutto il paese stenta ad animarsi prima della tarda mattinata, quando si risveglia la vita nelle case, che come formicai tornano a brulicare di voci e rumori. Questo fermento lieve prosegue fino a mezzogiorno, quando si spegne lentamente con il pranzo e lascia spazio all'assopimento pomeridiano, rotto ogni tanto dagli schiamazzi negligenti di noi ragazzi o da qualche rombo di motore. Di sera, superata l'ora di cena, quando la gente si raduna per ciacolare e l'arietta vespertina è frizzante, il crocicchio animato dai discorsi pettegoli delle donne e dalle discussioni vive degli uomini nel giorno, si trasforma in luogo di ritrovo per noi giovani. Altre sere invece ci ritroviamo al campo sportivo: un campetto da calcio, primitivo come del resto tutto il paese, situato nel punto più alto del paese, con a fianco una capanna dalle caratteristiche spettacolari. 

Odori e rumori

Ogni casa del paese ha il suo odore proprio, sia una lieve fragranza di biancheria fresca di bucato o qualcosa di meno gradevole. Alcune stradine verso la campagna profumano di more in agosto, altre sono pervase dall'odore del sambuco. Una sottile lingua d'asfalto che attraversa l'abitato, riporta alla mente, in estate, la città col suo odore di catrame caldo. La polvere bianca,cruda, spostata dalle folate di vento riporta invece alla realtà del paese. Quando arano i campi l'odore greve di concime viene poi superato dalla fragranza che la terra rivoltata dagli aratri diffonde. Nell'inverno è immancabile l'odore dei camini che ardono legna, liberando nell1aria una scia di vita. Le giornate sono spesso caratterizzate dal continuo rumore di trattori al lavoro nei campi

Come in un crescendo musicale, il soffio del vento della notte, viene coperto dai rumori della vita durante il giorno in estate; in inverno invece rimane a far da padrone insieme al lontano cigolio di qualche macchina agricola.

Giornate autunnali

Quando il tempo è inclemente si rimane per giornate intere sommersi dalla nebbia che bagna come pianto, ma se il cielo è sereno si può godere di panorami fiabeschi: alberi che si spogliano di foglie color dell'oro, brune o rosse, che paiono pennellate di un pittore nel quadro dei monti e cielo azzurro terso che pare di ghiaccio; il tutto avvolto dall'aria spesso pungente che richiama i rigori dell'inverno vicino o a volte mite come nelle prime giornate di primavera. Tra i vicoli risuona il crepitio dei focolari accesi, davanti ai quali ci si stringe in cerca di quel calore vitale che porta il fuoco acceso.

Giornate invernali

Lentamente l'autunno sfuma: le giornate si accorciano, le piante si spogliano definitivamente e paiono scheletri di tempi migliori, ora avvizziti e ondeggianti alle folate sempre più sferzanti e pungenti di vento, gli odori sono gelati nell'aria, ora fosca ora limpida; i tramonti sono gemme preziose e rare, osservati dall'occhio avido di bellezze, che l'inverno allontana. Il primo sole mattutino, illumina radioso le colline, delineando pennelli luminosi sulle sommità, mentre sui fianchi e nel fondo valle, l'ombra rimane la gelida padrona. I raggi, che non hanno più la vigorosità estiva, donano comunque al paesaggio un lieve tepore vitale e ne esaltano, per poche ore, i colori emaciati dell'inverno. La quiete sempre monumentale dei poggi è incrinata solo dai rumori furtivi di qualche animale, dai passi e dai richiami dei cacciatori, dai latrati loro cani e da qualche sparo echeggiante. A volte tutto affonda nel grigiore umido, che vela le cose e l'animo. Alcuni crepuscoli invece sono speciali: la nebbia, si raccoglie nel fondo della valle lasciando emergere le vette e i crinali dei colli, sui quali, i paesini arroccati, spuntano come ultimi baluardi della civiltà lontana. Su questo scenario i deboli raggi dorati diffondono riflessi di grande effetto; le casette e i pendii sono avvolti in questo turbine gioioso d'energia che rinvigorisce la natura umida come il cuore dopo una giornata uggiosa. Al termine di giornate serene, invece, le ombre che calano, si allungano sui prati verdi come dita scarne che si tendono, rendendo il tramonto al tempo stesso un gioco gioioso di luce e un arrivederci commovente al dì che sarà sopraffatto dalle tenebre. L'aria, più frizzante del solito, indica che la neve è vicina.

La nevicata copiosa durata tutta la notte, ha sommerso alberi, campi, argini, strade e case; ogni paese è isolato fino al passaggio dello spartineve. Il mondo si ritrova ovattato, i rumori sono attutiti e sordi; dopo le nubi, il sole ora splende ancor più limpido e sulla coltre bianca e ghiacciata, i raggi hanno un riverbero accecante. Tutto il comprensorio appare una distesa bianca, sulla quale ogni cosa ha movimenti ritardati e non si ode strepito alcuno, ma scricchiolii e fruscii sommessi; spuntano i pennacchi di fumo dei camini e gli abitati sono ancora più nascosti, confondendosi nel candore della neve. Nelle osterie scorrono fiumi di vino, e il calore delle stufe accese raddoppia:

piccole enclavi in fermento nella calma piatta e bianca. Con il passaggio dello spartineve, la strada appare un ghirigoro scuro che sale tra spianate ed erte. Alla fine dell'inverno, la neve lascia posto ai primi verdi tenui ed ai toni ancora bruni delle piante. La vita ha continuato segreta e lenta sotto il ghiaccio che ha protetto la terra. Il risveglio è lento e con le prime giornate miti dopo i rigori dei mesi precedenti, anche l'attività agricola è in fermento. A marzo fa capolino la primavera, con le sue rinnovate fragranze.

Primavera!

Dai paesi ai campi un fermento appena percettibile avvolge ogni cosa: le vallate e gli abitati tornano a brulicare come formicai di quelle attività un tempo smesse. Spuntano i primi germogli rigogliosi della nuova stagione. Le piante si ricoprono di gemme, alcuni campi vengono lavorati pazientemente, altri lasciano già affiorare i primi fili di frumento ancora verdi come erbetta tenera tra le zolle scure e umide di terra. Ogni cantuccio dei paesi, ogni tratto della strada che s'inerpica tortuosa sulle colline, ogni stradina tra i campi e i boschi, ha un profumo particolare: è il trionfo della vita eterna, che si rigenera dopo il letargo dettato dal gelo. A Sevizzano la polvere della piazza è ritornata di nuovo bianca, l'erba ricresce nei solchi delle strade e gli abitanti sono tornati alle consuetudini sospese ma mai dimenticate; chi s'affaccia sulla soglia di casa, chi gironzola, chi si reca al lavoro nei campi, che attendono le cure al pari di neonati.

I ricordi di giornate buie passate al confino nelle proprie case, sono fantasmi lontani e l'aria, pur fattasi meno pungente, ricorda che il freddo non ha ancora fatto le valigie definitivamente e non induce ancora ad esporsi più del dovuto. Maggio porta con sé i primi periodi di clima gradevole, dopo un marzo e un aprile piuttosto pazzerelli, all'insegna della variabilità spiccata. Gli alberi di frutta hanno già cominciato a fiorire da qualche settimana ed ora i boschi cominciano a rinverdirsi lentamente, mentre passano i cieli ed i giorni trascorrono all’insegna del lavoro nei campi. La domenica, il mondo si veste a festa, rendendosi quasi partecipe del giorno più atteso della settimana. Le campane risuonano nella valle e se il sole illumina la giornata, ogni azione è più lieta: persino i cimiteri, sembrano gioire, nell'attesa della resurrezione; la giornata rinfranca l'animo, e ridona energie per affrontare la settimana. Chi è emigrato da questi colli, ora torna più spesso, per una domenica tra i luoghi più cari.

Alla fine di maggio, le gemme ed i fiori hanno lasciato il posto a foglioline verdi e tenere; con l'avvento di giugno si sentono, invece, le prime giornate calde e il mese di luglio che attende dietro la porta, porterà l'inizio dell'estate.

Ritorna l'estate

Le cicale friniscono nei campi ed i boschi sono oramai folti: sotto i toni di verde delle foglie, si è formato un ambiente quasi segreto, al riparo da ogni sguardo, più fresco ed umido delle colline agricole e dei paesi. In agosto, quando il sole battente e l'aria torrida, ricordano un clima messicano e la frescura è più che mai gradita e ricercata, si riscoprono tra i vecchi muri delle case decadenti, oasi al riparo dal solleone dove spira una brezza montana che porta con sé gli odori delle cantine e dei muschi che ricoprono i muri. E' facile abbandonarsi al piacere di una siesta in questi luoghi appartati e pacifici. Ora la popolazione dei paesi è più che mai numerosa, dato che in molti, hanno deciso di tornare nelle proprie case estive, per godere un'estate lontano da clamori, con la propria famiglia e gli amici.

La poesia delle altre stagioni, nelle quali l'ambiente non è disturbato dalla presenza umana come in estate, non s'interrompe, ma muta soltanto, rendendovi partecipe chi è stato lontano da qui fino ad ora. L'agosto trascorre tra giornate canicolari e piogge torrenziali, che durano pochi minuti, lasciando ritornare immediatamente il sole a splendere più lindo di prima.

Con la fine del mese, i campi sono già stati mietuti e quelli non ancora arati appaiono distese incolte; i paesi si spopolano, ritornando con i primi giorni di settembre, all'abbandono, per effetto della corsa verso le città degli abitanti estivi. Qualcuno ritornerà di domenica, ma col passare del tempo, tutto ricadrà nella solitudine abituale.

Un pomeriggio a…

Esco di casa e avvio la mia Vespa; attraverso Sevizzano e guido fra boschetti e rive assolate. Attraversando la vallata rallento per guardarmi in giro: che spettacolo il verde acceso dei poggi che si stagliano nel cielo azzurro e terso, che armonia il versante coltivato della collina coi prati appena tagliati che sembrano dorsi d’istrice e i campi arati che diffondono nella aria afosa l’odore della terra rivoltata. L’erba medica e il frumento che ondeggiano fiacchi e percorsi da brividi improvvisi e tremuli sembrano infinite praterie; questo movimento ipnotizza con la sua euritmia. La stradina campestre che scende in lenta e discontinua picchiata verso il fondovalle, assomiglia a un serpente che dispiega le sue spire seguendo i contorni irregolari dei versanti, scorrendo fra colture che paiono voler strappare centimetri all’esigua striscia d’asfalto logoro.

Ogni tanto mi fermo per cercare di fissare bene nella mente questi istanti di ammirazione del paesaggio quasi tentassi di scattare una fotografia immaginaria per riguardarla nei momenti bui che verranno.

Il quadro visivo è arricchito da suoni e odori caratteristici che mi stuzzicano la fantasia. Quando arrivo nel punto più basso della vallata vengo investito da un’arietta fresca piacevole dovuta all’ombra del poggio Castello e al rio Tidoncello che scende a fiotti per tuffarsi nel Tidone che scorre stanco da secoli di erosioni, adagiato in un letto albino dalle coltri pesanti. Laddove un virtuosismo fallito ha regalato un misero ponte nuovo alla vallata, incomincia la strada vera e propria, che solo in corrispondenza del primo paese diventa degna di nota allargandosi su due carreggiate distinte.

Siamo dunque a Pecorara. All’entrata dell’abitato sono ben visibili le caratteristiche generali della vita di qua. Si alternano ville aggraziate a rustici decadenti e costruzioni completate alla bell’e meglio.

Dopo il primo tornante della strada che sale fra le case a zig-zag perfetto c’è il campo giochi con tanto di balera e palco per l’orchestra. Questa è la parte vitale in estate della vallata, con serate danzanti e pomeriggi trascorsi da noi giovani a giocare a pallone e fantasticare.

Proseguendo si arriva nella piazza, adibita a parcheggio, svoltando invece a sinistra la via conduce alla chiesa, che offre davanti a se una piazzetta dall’invidiabile veduta protetta da alberi che assicurano l’ombra alle due panchine dedicate al riposo o ai pensieri di chi può soffermarsi per un attimo. Tra la piazza e il secondo tornante della strada poi si trova il ricovero, dove risiedono alcune macchiette che ci fanno divertire coi loro passatempi bizzarri; poco più in su c’è il bar, nostro abituale ritrovo, con la sua terrazza col calcetto e il mitico muretto. Proseguendo per la strada, ancora più in alto, invece di deviare per il viale alberato che porta al cimitero si giunge infine alla sommità del paese, dove si trovano ville di tutte le dimensioni. La strada qui ha un’ulteriore biforcazione; a destra la discesa per Pecorara Vecchia e Marzonago a sinistra desolata stradina panoramica per la Rocca d’Olgisio e Pianello.

Pecorara è tutta qua, un comune che funge da punto d’incontro per chi proviene dalle frazioni vicine.
Portoni decadenti, corti nascoste, muri muscosi, terrazze naturali sulla vallata, viuzze ripide, usci minuscoli che si aprono sospettosi e case arroccate sono l’essenza di questo paese trasformista: tranquillo e assonnato, chiassoso e popoloso a seconda delle ore e delle stagioni.

Pomeriggio assolato

Passeggio solitario nell’ombra delle case che riparano dalla canicola solare finché arrivo vicino alla chiesa. Mi guardo in giro e scorgo due vecchi sulla panchina davanti a casa. Sono le uniche persone che sembrano esserci in tutto il paese a quest’ora: sono le due. Alzando lo sguardo e volgendomi attorno vedo solo il cielo azzurro terso che sovrasta la chiesa giallo teresiano e il verde smeraldo degli alberi del sagrato. Mi avvicino al muretto e ancora una volta mi fermo pensoso guardando il panorama sui paesi vicini. Nella mia mente galoppano pensieri d’ogni genere che s’alternano a momenti di vuoto assoluto. Abbandonato lo stato d’estasi, nel quale ero piombato rimanendo immobile per alcuni lunghi minuti, imbocco la salita per arrivare alla terrazza del bar.

Qualcosa ancora mi trattiene. Guardo l’orologio: è il 27 di agosto, com’è trascorsa veloce l’estate! Un’estate tanto desiderata, estate assaporata, estate pazza e tutto quanto le si possa dire. Ancora pochi giorni e verrò strappato al mio paese, per essere catapultato nella vita di città. Non voglio andarmene! Preferisco non pensarci e proseguo verso il bar.

Nella calura opprimente non si muove neppure un filo d’erba, fatto piuttosto insolito qui, cerco così riparo sotto l’ombrellone sulla terrazza con davanti una bibita ghiacciata. Sul muro consunto della terrazza accecata dal sole, scorgo il movimento furtivo di una lucertola che fa capolino tra l’erba che cresce nelle crepe. Dall’interno del bar proviene una musica sommessa che richiama l’atmosfera degli stabilimenti balneari sulla riviera. Sotto gli occhiali da sole chiudo gli occhi con un filo di sonno e mi lascio andare per l’ennesima volta a fantasie di altri lidi, finché non arrivano gli amici che interrompono i miei sogni.

Serata di mezza estate

Come ogni sera esco di casa alla volta di Pecorara, per trascorrere ancora qualche ora in compagnia. Il viaggio è molto diverso da quello diurno: l’aria s’è rinfrescata, c’è una foschia violacea e il sole che tramonta illumina tutto di rosso. Siamo al crepuscolo e gli stessi elementi attorno a me assumono contorni totalmente differenti. Man mano che proseguo per la strada si fa più scuro e anche se occorrono solo pochi minuti per giungere a destinazione, le tenebre che calano ratte e inesorabili avvolgono gia le vallate. Per fortuna in cielo brilla già la luna, tonda e luminosa come un secondo sole.

Al termine della serata infilo l’impermeabile mi avvio per la lenta risalita verso Sevizzano. La strada scorre veloce e ogni tanto scorgo occhiate fosforescenti di qualche animale selvatico appostato sul ciglio alla ricerca di cibo. Vicino al ponte la solita corrente d’aria fredda mi fa rabbrividire e percorro il tratto velocemente per uscirne prima possibile. Passo tra vitigni e distese d’erba, sotto una volta celeste punteggiata dei lucenti bagliori più o meno forti delle varie stelle. I campi e i contorni delle colline sono rischiarati dalla luce intensa della luna che brilla grazie alla magnifica serenata. Affrontate le ultime curve, ricovero finalmente il mio Vespino, compagno di molte avventure, lancio un’ultima occhiata al panorama incantevole e me ne vado meritatamente a letto dopo una giornata spossante.

Ogni giorno che passa il mio sogno chiamato estate s’affievolisce proprio come un lume cui manca nutrimento.

L’inverno

Come sempre l’avanzare inesorabile delle stagioni passa sopra ogni cosa; il tempo trasporta i giorni scorrendo talvolta come olio rovesciato da una giara o spesso impetuosamente come un fiume in piena. Arriva così l’inverno, preceduto da un autunno di pianto nel quale poche giornate di sole hanno rischiarato i paesaggi mostrando la loro bellezza.

La neve è arrivata puntuale: come nella fiaba più dolce è scesa proprio tra la vigilia e il Natale. Quale sceneggiatore avrebbe potuto immaginare un tempismo così sconcertante e meraviglioso della natura? Al mio arrivo tra le colline la maggior parte della neve si era già volatilizzata, come molti miei sogni, ma potevo ugualmente immaginare lo scenario natalizio dei giorni addietro. Il mio breve soggiorno è stato fedele sintesi di tutto il resto dell’anno trascorso, ma da queste alture il mio desiderio è spiccare il volo verso un nuovo anno di stampo totalmente opposto. Le giornate trascorse col cielo sereno sono state vitali per il mio animo più di mille medicine.

 

Mi sono risvegliato lentamente quella mattina, con il bisogno di uscire a correre, per allenarmi e per distendermi. La temperatura rigida, conseguenza della gran serenata dopo una notte cupa, non mi intimidiva per nulla, anzi, spinto dall’allegria per l’alba luminosa mi sono involato verso il cielo. Proprio così: salendo verso Saliceto le gambe giravano come ruote e mi facevo trasportare da quella piacevole sensazione; salendo andavo incontro all’apice della collina dove i raggi del sole inondavano già i campi e da quella cima sembrava di volare nel cielo, come gli sparuti uccellini che volteggiavano nell’aria glaciale che pungeva con spilli acuminati il viso.

Albeggia

Trascorsa la notte può capitare ritrovarsi di fronte al risveglio spettacoli contrastanti. Nella stagione invernale, non è raro rimanere intrappolati da nebbie misteriose e tristi ma per fortuna alcune giornate sono allietate dagli sprazzi abbaglianti di un sole timido, che risveglia precoci sentori primaverili ormai deposti.

Un’alba di qualche tempo fa fu speciale: c’erano ancora alcune stelline che tardavano a scappare via, a dileguarsi nell’infinito, quasi volessero rimanere a godersi lo spettacolo cromatico che stava per andare in scena. Tutto attorno alle sommità dei poggi, c’era un’aura dorata e iridescente che contrastava con le tonalità di blu del cielo che andava dall’oltremare all’indaco, al turchese cosparso del luccichio dell’esigua schiera d'astri ancora visibili.

Il chiarore fioco e crepuscolare andava aumentando e il cielo pareva incendiarsi; l’orchestra del creato sapientemente diretta da madre natura si preparava a suonare la sinfonia per l’entrata in scena del primo attore, il sole. Ogni elemento sostava immobile, teso e pronto a scattare come un atleta. Ecco finalmente delinearsi pennelli luminosi sulle cime: il primo passo di un’apparizione grandiosa. A poco a poco la valle viene inondata da fasci di potente luce che danno il la all’apertura degli strumenti naturali che passano da un brulichio nascosto ad un tripudio gaudioso di gioia travolgente come una marcia nuziale o una carica. Non c’è cosa che rimane restia al fervore di questo avvenimento. Le pietre refrattarie dei monti, assorbono un po’ di questa vitalità e i muri trasudanti di umidità smettono per un attimo il loro gocciare straziante, per lasciarsi attraversare dall’entusiasmo di questi momenti.

Mezzogiorno

Con l’inoltrarsi del giorno i toni di questa festa sono divenuti più pacati e suadenti, grazie al tepore della luce. E’ il tempo del disgelo. Da un tetto i candelotti di ghiaccio pendono fragili e lasciano cadere perle d’argento vivo. In un secchio d’acqua la superficie è ancora solida e spessa parecchio. I gradini di una scala ricoperti nottetempo da una patina sdrucciolosa si trasformano in una cascatella che scende al suolo impercettibilmente. Il terreno raggelato diventa molle ed appiccicoso e i piedi vi affondano cancellando le sculture del ghiaccio. I camini fumano liberando nell’aria una scia che il vento sperde e nelle case dietro i vetri spuntano facce di bambini, di giovani, di anziani che ammirano e osservano furtivi il paesaggio alla ricerca di qualcosa che si muove. Chi esce di casa approfitta di queste ore per svolgere i mestieri necessari. Dopo il pranzo gli uomini si assopiscono ma la natura non ancora: c’è spazio infatti per le ultime ore di luce prima di ritornare nelle tenebre mistificanti.

Il giorno decade

Il tramonto segna l’inizio del processo inverso a quello dell’alba; così scompaiono le ombre del sole che si fondono con quelle del buio. Gli scheletri delle piante spiccano neri nell’atmosfera che si raffredda e la vivacità si placa restituendo animali e cose a un mondo assonnato mentre una falce di luna e una stellina vigilano sull’universo. Con un velo di tristezza si abbandona la dimensione eterea del giorno vissuto, per rituffarsi in un’altra dai contorni infernali dove i sogni tornano a fare da padroni assieme ai fruscii e alle creature della notte.

Notturni

Dopo le ore fuggenti, nel ritorno a casa i fari si infilano silenti e veloci nella notte, rischiarando a giorno ogni cosa che si trova sul cammino e scomparendo subito dopo, abbandonando tutto nella tenebra. Ogni cosa attorno, vicina o lontana, appare distesa in una veglia alla quale sembrano partecipi anche mostri mai sopiti dell’immaginazione, dai movimenti rapidi e occhi baluginanti.

Rientri

Nel rincasare gli scenari sono volubili: quando la serenata è cristallina le stelle scintillano nella volta celeste come bollicine in una coppa di champagne e lo sguardo sale al cielo incantato; se la luna è alta invece la prima attrice è lei, con il suo oscuro magnetismo ammaliatore. Quando il respiro della natura si fa affannoso l’atmosfera diventa opprimente e austera. Folate di nebbia corrono e si sperdono inzuppando tutto. Salendo, le raffiche di vento si fanno più energiche e sferzanti, piegando alla loro volontà alberi e arbusti, avvolgendo l’auto in un’atmosfera surreale di bambagia inconsistente. Le case rade sembrano ruderi scricchiolanti caduti in malora e la luce scialba dei lampioni descrive un cono dove si aggirano fantasmi.

Il temporale

Dopo i colpi veementi portati dalle gocce d’acqua pesanti come pietre, scagliate da lassù, aleggia una pace surreale. I primi bagliori del sole che fa capolino tra le nuvole in un cielo dilavato, colpiscono il suolo madido e il loro riflesso brilla accecando qualsiasi cosa o vivente; dopo un’attesa incredula la vita ritorna al consueto viavai. I cani che stavano mesti nelle cucce escono e annusano il terreno bagnato, nei pollai gli ovini si spingono fuori in cerca di qualche vermetto che affiora, inzaccherandosi le zampe, le bestie selvatiche approfittano della frescura per ricercare qualche preda e ritornare ai nidi, le donne spalancano le finestre come fosse di nuovo mattino. I raggi di sole danzano nello scorrere degli ultimi rivoli esausti che pochi attimi prima erano rabbiosi e scroscianti, rilucono formando giochi di luce che svaniscono ben presto con l’arrivo del crepuscolo.

La luce soffusa, rossastra e dorata di questo momento sfuma rapidamente lasciando come unico rimasuglio la sensazione di allegria che si prova quando una giornata tenebrosa finisce in gloria.

Epilogo

E' proprio vero dunque, che la storia si ripete: ogni anno, la vita di questi colli è un film già visto; i protagonisti invecchiano, mentre l'ambiente rimane inalterato, quasi fosse immerso in un barattolo di formalina. L'unica entità in grado di operare cambiamenti sul paesaggio è la natura, in evoluzione perenne. Si vivono avventure ed emozioni ed i monti fissano tutto quanto nella loro memoria secolare, testimone di scorribande dei partigiani come della vita dei nostri giorni, di persone scomparse e di quelle viventi, che hanno nelle mani il futuro di quest'angolo di mondo ancora retrogrado.

Lo svolgimento ripetitivo della storia, è parallelo al ciclo della vita, per una che finisce, un'altra incomincia, ma le grandi emozioni ed i sentimenti, che sono soggettivi, no, non hanno un ciclo e sono irripetibili come del resto ogni attimo della nostra esistenza.